ioGero e vi racconto!

Timbri, targhe e altre cose un po’ speciali.

ioGero... e vi racconto

L’incisore.
Timbri, targhe e altre cose un po’ speciali.
Così recita la dicitura completa dell’attività alla Camera di Commercio.
Delle cose un un po’ speciali però in pochi ne sanno parlare.
Perché uno entra e come prima cosa vede i timbri.
Di tutti i tipi, per tutte le evenienze e per “oggi-domani un concorso”.
Non solo.
Loro il timbro ve lo fanno di quante lettere volete voi.
Volete un timbro lungo cinque righe? Sei? Sette?
Nessun problema.
Lì dentro trovate gente del mestiere.
Pelo sullo stomaco e inchiostro sotto le unghie.
Ve lo fanno pure di dieci righe.
Dopo i timbri?
Le targhe.
Di tutte le forme, di tutti i colori, di tutti materiali e per ogni utilizzo.
Tranne le targhe delle automobili. Non che non le sappiamo fare meglio di quelle che escono dalla motorizzazione, ma sono cose che non si fanno e loro non le fanno. Punto e basta.
Discorso chiuso.
Si prega di non insistere.
Andiamo avanti.
Prego, buongiorno, desidera?
Mi sa che parla con me.
“Salve, buongiorno” intanto esordisco, giusto per prendere tempo e capire cosa chiedere prima di arrivare alla mia reale curiosità.
“Dica” incalza l’uomo baffuto dietro al bancone e con il grembiule zuppo così pieno di scarabocchi di inchiostro che pare un’opera d’arte.
Ho come l’impressione che mi abbia già sgamato.
C’è da dire che io poi sono così impacciato che comincio nervosamente a sudare e chiedo se fanno copie di una chiave un po’ particolare che… “un attimo la prendo dalla tasca della giacca e le faccio vedere di che tipo di chiave si tratta. Ecco qui, eccola”.
“Telefonini qui non se ne riparano” bofonchia il signore di fronte a me facendomi capire benissimo che sta perdendo la pazienza. Sto per chiedere cosa diavolo centrano i telefonini ma per fortuna il mio angelo custode mi da uno schiaffo e mi rendo conto che ho tirato fuori lo smartphone invece della chiave. Mi scuso velocemente dando la colpa ad un fantomatico mal di testa che ovviamente non ho e cerco freneticamente il mazzo di chiavi.
Le chiavi lo sanno che tu le stai cercando urgentemente e quindi saltano di tasca in tasca per non farsi trovare.
“E comunque chiavi qui non se ne fanno!!” aggiunge l’uomo davanti a me sempre più infastidito .
“Cosa vuoi veramente?” mi chiede sporgendosi in avanti e avvicinando il suo volto al mio. È cosi vicino che riesco a sentire benissimo l’odore dell’inchiostro sulla sua pelle.
Che sarebbe arrivata questa domanda io lo sapevo benissimo ed è per questo che mi ero preparato. A questo punto, almeno nella mia testa, lo avrei dovuto fissare negli occhi e rispondere con qualcosa tipo: “sono qui per quella cosa… aumma aumma!” e in corrispondenza di aumma aumma avrei dovuto fare occhiolino e chiudere le labbra tipo a culo di gallina.
Una cosa però è quello che ti costruisci nella tua testa, una cosa è quello che succede realmente.
“Non mi ricordo più cosa avrei dovuto dire…”.
Questo ho detto.
Vi rendete conto che figura?
Mi vergognavo talmente tanto da non riuscire neanche a guardarlo in faccia il tizio coi baffi giganti.
Mi veniva da piangere fortissimo, soltanto che invece delle lacrime dagli occhi, continuarono ad uscire altre parole dalla mia bocca: “Ah ecco. Adesso ricordo. Timbri, targhe e altre cose speciali. Cosa sono le cose speciali?”.
Le lacrime questa volta cominciarono a cadere senza che me ne accorgessi e piangendo trovai il coraggio di tirare su la testa per guardare chi mi stava davanti.
L’ uomo del negozio non c’era più, sparito. La sua voce però era ancora lì, la sentivo: “Ragazzo, da questa parte”. Il tizio mi faceva cenno di raggiungerlo sulla porta che conduce al retrobottega.
“Veloce però” aggiunse subito dopo, accompagnando le parole con un movimento della mano che voleva dire: “Dai muoviti, corri e non facciamoci vedere da nessuno”.
Il retrobottega era uno stanzino minuscolo, ma spenta la luce diventò gigante.
“Quando uno è curioso in modo sincero ed educato, come sei stato tu, va premiato.
Dentro quella stanza, che non capivo se esisteva per davvero o era soltanto frutto della mia immaginazione, anche la voce di quell’uomo sembrava meno arrabbiata e più gentile.
“I timbri e le targhe li trovi anche da altre parti. Ma c’è una cosa che sappiamo incidere soltanto noi.
Un lavoro magico.
Ci sono ricordi, molto importanti, a cui le nostre vite sono particolarmente affezionate. A volte questi ricordi, purtroppo, rischiano di scomparire e noi qui siamo in grado di metterli al sicuro, riusciamo a non farli scappare. Ci son ricordi che meritano di restare eterni. E noi questo facciamo”.

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