E come fu e come non fu, Gino e Paola si incantarono.
Ma non fu un incanto di quelli che ti immobilizza. Al contrario. Fu un incanto di quelli che ti porta a metterlo sotto sopra questo mondo.
Avevano entrambi 12 anni Gino e Paola quando è successo, era estate, e vivevano ancora in Sicilia, a Canazzo. Un paesello arrampicato sopra una collina dell’entroterra, distante soltanto 45 km da Palermo, che però sembravano 450 per come erano messe le strade in quella zona. Troppo pericoloso andare “in Palermo” a cercare il mare. Quindi si restava lì, anche se non c’era niente da fare. Chi era nato a Canazzo restava a Canazzo. E il mare? Il mare lo si poteva comunque immaginare o ascoltare dalle parole di chi c’era stato. Quelli che si azzardavano e si avventuravano a raggiungere Palermo, erano quelli che poi prendevano l’aereo e andavano al nord. Gino e Paola quell’estate avevano fatto una scommessa. E la colpa era del Signor Giaconìa, il più anziano del paese, 101 anni. Il Signor Giaconìa aveva confidato una cosa ai ragazzini a proposito del mare: se si andava in cima alla collina, sopra il paese, e lo si cercava per bene, il mare, lo si poteva riuscire a vedere. E chi lo avrebbe scrutato pure fortunato sarebbe stato.
Tutti i pomeriggi di quella estate Gino e Paola si davano appuntamento in piazza alle 15. Anzi alle 14 e 59 minuti. In quelle ore per strada c’erano soltanto il caldo che provava a prendere un po’ di fresco e le cicale che cantavano. Gino e Paola si posizionavano al centro della piazza e aspettavano il suono delle campane con la stessa concentrazione con cui un’atleta in pista aspetta lo sparo del giudice di gara. Alle 15 in punto le campane della chiesa Matrice del paese cominciavano e suonare, le cicale si zittivano, il caldo sbuffava e Gino e Paola davano il via alla loro corsa verso la sommità della collina. Tutti i giorni così. Due chilometri scarsi che i due adolescenti avevano imparato a percorrere anche in meno di 8 minuti. Tempi di tutto rispetto considerando le pendenze e lo sterrato un pò insidioso.
Gino e Paola raggiungevano quindi ogni giorno la parte più alta del monte e cominciavano la loro ricerca. Da sopra un albero, da sotto una roccia, a cavallo di una mucca e persino a bordo di un trattore. Niente. Neanche un puntino di blu del mare. Solo tutto il giallo delle valli di fieno e paglia. Perché la Sicilia d’estate è gialla.
Sino ad arrivare all’ultimo pomeriggio di quell’estate. Che Gino e Paola erano un po’ scoraggiati e un po’ incavolati. Scoraggiati perché le avevano provate tutte per vedere il mare e manco avevano voglia di provarci questa volta e un po’ incavolati perché avevano iniziato a pensare che il Signor Giaconìa li avesse presi in giro.
Avevano però deciso che sarebbero saliti comunque in cima al monte anche quell’ultimo pomeriggio e, in segno di protesta, sarebbero rimasti immobili per tutto il tempo, sino ad un attimo prima del tramonto, quando avrebbero fatto un salto, per salutare al meglio l’estate che stava per andare via. Finito tutto sarebbero tornati indietro per dirgliene quattro (due Gino e due Paola) al Signor Giaconìa.
Eccoli adesso Gino e Paola, illuminati dal sole che sta per cadere dietro la collina di fronte, così sudati che con tutto il loro sudore si potrebbe riempire la vasca dove vanno a bere tutte le vacche della zona.
Devono resistere. Ancora qualche istante e ci siamo. Manca così poco che i muscoli, allertati già dal cervello, cominciano a vibrare e fanno saltare via le gocce di sudare. Eccoli, Gino e Paola, che spiccano il volo insieme e provano ad arrivare più in alto possibile. Non solo con la testa e con lo sguardo, ma anche con le spalle, le braccia, i fianchi, le gambe e i piedi. Sembrano degli shuttle in partenza per un’operazione astronautica.
Non sono mai arrivati così in alto e proprio nel momento in cui stanno per raggiungere la massima altezza, per poi tornare a terra, ecco che tutti e due lo vedono: il Mare. Eccolo!! È lui. Un puntino blu che sembra inondare tutto il giallo delle valli. Gino a Paola sono ancora in volo, hanno il tempo di stropicciarsi gli occhi, cacciar via il sudore, rendersi conto che quello è davvero il mare e, infine, guardarsi negli occhi. Ed è in quel momento che oltre a scoprire il mare scoprono anche la Meraviglia. Quella Meraviglia che innesca in loro una risata di felicità che non riescono più a fermarsi. E più Gino vede Paola ridere più gli viene da ridere. E la stessa cosa succede anche a Paola, che vede Gino ridere e non riesce più a fermarsi.
È così che Gino e Paola si incantarono. Prima di tornare coi piedi per terra, di rientro dal loro salto infinito, hanno avuto pure il tempo di farsi una promessa: andare in giro e non smettere mai di cercarla quella Meraviglia che fa ridere di felicità.
