Pensavo di scrivere qualcosa, ma se prima non ammazzo la zanzara che mi ha appena punto tutte le dita dei piedi, non riesco a concentrarmi.
Maledetta. E menomale che lei lo sa che io sarei disposto a fare anche un patto.
Con lei e con tutte quelle come lei. Il patto recita così: “15 morsi autorizzati nell’arco dell’intera estate, da concentrare sul braccio sinistro, nello spazio compreso tra il polso e i gomito, facendo attenzione a non ronzare vicino le orecchie nelle ore notturne. In cambio, la garanzia di non essere uccisa”
Mi pare un contratto bilanciato per entrambe le parti. Voi che dite?
Beh, lei ha detto no. Anche questa sera.
Si è poggiata sul primo dito del piede destro ed ha cominciato.
Il primo, il secondo, il terzo, sino ad arrivare a dieci.
Se fossi stato un millepiedi avrebbe continuato sino a cinque mila.
Peccato, adesso mi tocca ucciderla. E non è un’ipotesi.
È l’unica cosa che posso fare, perché a questo punto l’universo si è fermato e devo ucciderla. Solo così la vita potrà riprendere il suo discorso.
Capito? Non lo faccio per me.
Devo uccidere questa zanzara per salvare l’universo.
Mettiamoci il cuore in pace e cominciamo. Fa niente se questa sera non riesco a scrivere nulla.
Abbassiamo le luci e aspettiamo.
Immobili.
In silenzio.
Lei tra poco arriverà e con la pancia piena del mio sangue, si avvicinerà al mio braccio sinistro, si poggerà in un punto a caso tra il gomito e il polso e, ingorda più di sempre, tornerà a succhiare il mio sangue.
Adesso è esplosa sotto lo schiaffo della mia mano destra.
Peccato.
Mi dispiace.
Ma tu non mi hai fatto scrivere.